Lo strano caso
del Dottor Jekyll e Mister Hyde, ovvero come affrontare le idiosincrasie
politico-ambientali
L’antefatto: otto mesi fa il Comitato
Don Chisciotte di Terni (Mountain Wilderness Umbria, CAI Terni, Italia Nostra
Valnerina, WWF Terni), ha avviato quello che allora pareva un proficuo
confronto con la Provincia di Terni nella persona del suo Assessore all’Ambiente.
Attraverso diverse fasi, nella chiarezza dei ruoli e con reciproca volontà
collaborativa, si era giunti a definire l’importanza di un’iniziativa
congiunta, propositiva e portatrice di nuovi contenuti per la salvaguardia
della Valnerina e della dorsale appenninica.
In concomitanza, su un altro e ben più facile
tavolo di trattative, il Comitato incontrava il Parco Nazionale dei Monti
Sibillini per esplorare e dibattere la possibilità di ampliare l’area di
protezione con l’istituzione di un Geoparco UNESCO in Valnerina. Sullo
sfondo ideale della bioregione si intendeva proporre alle Istituzioni
un’ipotesi alternativa alle rigide divisioni burocratico-amministrative, che
andasse ad individuare e dare priorità ad unità ecosistemiche omogenee che
travalichino province e regioni. La tutela di un’area più vasta, al di là della
connotazione che potrebbe assumere, era indirizzata al non dover più rincorrere
gli attacchi concentrici a questo patrimonio naturale: cave, eolico, prelievi
indiscriminati dai fiumi, gasdotti, discariche…
Date queste premesse di totale
disponibilità al confronto, il Comitato elaborò il programma di una giornata di
studio dal titolo: “Piani paesaggistici e biodiversità: la salvaguardia della
Valnerina e dell’Appennino umbro-marchigiano”. Dopo vari passaggi tecnici e di
nuovo politici con l’assessore -che indicò i referenti istituzionali per
l’organizzazione dell’evento-, si cominciò a contattare i vari relatori di
livello nazionale e locale definendo con essi i titoli degli interventi. Si
fissarono sale chiedendo altri patrocini per dare il senso che una volta tanto
non ci si ‘parlava addosso’; dato che le nostre associazioni risultano
‘scomode’, nessuno (neppure RAI Regione) pubblica e diffonde nostri comunicati,
tanto meno la Regione partecipa o confronta con noi linee di indirizzo o piani
che riguardino i Beni Comuni e l’Ambiente in generale.
In breve: arrivati al momento di
individuare i fondi, trovata la linea di finanziamento nei residui dell’Agenda
21 (le singole associazioni erano già concordi nell’autofinanziamento pur di
mantenere l’importante confronto con le Istituzioni), il colpo di scena:
l’assessore si accorge (o gli insinua il dubbio qualcuno non invitato?), che
questo taglio è “troppo spinto e protezionista” (sic!), che un convegno in cui
si parla di queste cose “non è di competenza dell’Assessorato all’Ambiente”, e
che non possiamo più contare sulla loro partnership istituzionale.
Estremamente collaborativo e
magnanimo, però, ci offre un’alternativa: ha già un altro convegno pronto
nel cassetto che scimmiotta malamente il nostro e ribalta i termini puntando
sullo ‘sviluppo’ della Valnerina (nel suo immaginario in ciò è compreso anche
l’inserimento di ‘piccole industrie’), da realizzare con il contributo ed in
partnership (direi a nome e per conto) con Endesa Italia. Questo novello
mecenate, per chi non lo sapesse, è lo stesso che va piazzando il mini
idroelettrico in ogni corso d’acqua che sia ancora degno di questo nome e che
va mettendo indiscriminatamente le pale eoliche pure sui cappellini dei
bambini.
Con estrema bonarietà la definirei
‘crisi bipolare acuta’: mentre da un lato la Provincia si rimangia la parola
data, dall’altra pochi giorni dopo arriva il richiesto Patrocinio del Comune di
Terni che, molto più attento e sensibile (almeno in alcuni suoi importanti
rappresentanti che furono i primi a richiedere la tutela UNESCO per la
Valnerina e la Cascata delle Marmore), evidentemente non ritiene così
pericoloso esporsi al fianco degli ambientalisti in un confronto serio, alto e
qualificato su quella che ormai definirei “speranza di vita” della nostra terra
e delle nostre montagne.
La querelle assume oggi i connotati più
vasti di ‘come’ possiamo e dobbiamo avvicinarci per dialogare con Istituzioni
che predicano una governance multilivello e poi, nei fatti, si
trincerano dietro logiche di potere il cui accesso è consentito solo alle sigle
ambientaliste che a tali logiche sono funzionali e conniventi. Ho difeso a
lungo, spesso contro corrente, all’interno del Forum Regionale ed in altre sedi
la tesi che non possiamo continuare ad avvitarci in celebrazioni ed eventi
autoreferenziali. Sono importanti per una nostra crescita comune, per lo
scambio delle opinioni e delle conoscenze, per far fronte comune e condividere
strategie, passione, impegno, amicizia, ma non possiamo non trovare una
modalità di rapporto con chi gestisce il nostro territorio, le nostre montagne,
i nostri fiumi; anche se spesso sono quegli stessi che le svendono e le offrono
alle multinazionali che pagano il prezzo migliore, che imbrigliano le sorgenti
ed ingabbiano il vento delle cime, purtroppo sono anche quelli che legiferano,
e seppure un solo amministratore stesse dalla nostra parte, ascoltasse le
nostre ragioni (e rari casi si manifestano), è fondamentale ascoltarlo e
gettare un ponte che ci consenta di essere riconosciuti e riconoscibili ed
essere presenti ai tavoli di partecipazione in cui si progettano piani
paesaggistici o smaltimento dei rifiuti.
Ciò non vuol dire entrare nella stanza
dei bottoni o farsi assimilare, omologare, ma assumere il ruolo che ci spetta
come portatori di interessi diffusi. Non dobbiamo rinunciare ai nostri principi
nemmeno se dovessero condurci alle barricate, ai presidi, all’opposizione dura
e pura, ma dobbiamo poter incidere sulle scelte per la comunità. Non ci
lasceremo tener fuori dalla porta, per venir chiamati solo a giochi fatti.
All’interno del Forum dei
Beni Comuni abbiamo competenze, energie, professionalità e strumenti per poter
partecipare ai tavoli di concertazione ed incidere sulle scelte politiche
territoriali, non possiamo andare avanti solo facendo controprogetti o esposti
e ricorsi al TAR (viste anche le deboli risorse finanziare a nostra
disposizione…). L’Umbria è (non vorremmo mai dire ‘era’) una terra ricca di
risorse naturali e con un patrimonio immateriale ricchissimo a rischio di
estinzione. Ha sempre pagato un prezzo altissimo al cosiddetto sviluppo e
all’industrializzazione per le sue acque, i suoi boschi, il suo vento: non
vogliamo che la storia si ripeta.
Maria Cristina Garofalo, Mountain Wilderness Umbria