RIPUBBLICIZZAZIONE E PARTECIPAZIONE IN UMBRIA

 

 Da 20 anni a questa parte ci stanno facendo credere che
per avere un  servizio pubblico  efficiente, equo ed efficace è necessaria
una gestione di tipo privato, dove i costi non devono superare i ricavi, e che,  pubblico è uguale a maggiori costi, spreco
di denaro e minore efficienza.

  La gestione mista pubblico privata è la madre delle
contraddizioni a beneficio del soggetto privato, infatti quest’ultimo gestisce
il  bene comune per ottenere il massimo
profitto, senza investire niente di tasca propria ne sopportare alcun rischio
d’impresa, ma semplicemente incassando.

 Il caso di Umbria Acque Spa

 

Ripubblicizzazione_e_Partecipazione_in_Umbria.doc

Acqua
pubblica perché?

L’acqua è
fonte di vita ed è per questo che tutti hanno diritto ad accedere alle fonti
idriche nella misura necessaria alla vita umana. L’acqua, come tutti i  diritti non può essere gestita in  base alle regole di mercato che hanno come
unico principio il profitto, ma deve essere gestita secondo un modello di
distribuzione con l’obiettivo dell’accesso a tutti i cittadini e quello di
salvaguardare la risorsa per le generazioni future.

L’ar. 2 della proposta di legge di ripubblicizzazione
dell’acqua definisce l’acqua:

 -un bene finito da
tutelare, anche  per le generazioni
future,

-l’accesso all’acqua come diritto umano inviolabile,

– l’indisponibilità dell’uso della stessa secondo logiche
di mercato,

        
la subordinazione del prelievo alla concessione da parte delle
pubbliche amministrazione.

 

Come è possibile garantire a tutti i cittadini l’accesso
all’acqua?

E come si fa a garantire la gestione di un bene comune
come l’acqua in funzione della conservazione della risorsa per le generazioni
future?

 

Certamente non possono garantire il diritto all’acqua (ne
altri diritti) le regole del mercato, 
basate su una logica  profitto (l’acqua
verrà erogata in funzione della capacità di pagare).

Seguendo le leggi  di mercato,  chi potrà
pagare potrà avere tutta l’acqua che vuole mentre chi non potrà pagare potrà
anche morire di sete.

Inoltre avendo a disposizione una risorsa così indispensabile
e già pronta, i privati non   esiteranno
a succhiarne quanta più possibile, per il semplice motivo che più ne viene
prelevata, più si fa profitto e si recuperano i capitali investiti.

Non saranno certamente le imprese private che penseranno
alle generazioni future, prendendosi cura della risorsa acqua, proprio perché,
per  loro natura, non hanno come   obiettivo il bene collettivo ma perseguire
il massimo profitto.

 

Solo attraverso una gestione collettiva sarà possibile
gestire l’acqua tutelando i diritti di tutti, attraverso la partecipazione
diretta dei cittadini nelle scelte delle Amministrazioni Pubbliche,  superando il sistema esclusivo della
democrazia rappresentativa che genera oligarchie o eccessiva burocratizzazione
per una vera democrazia partecipata.

 

Le lotte contro la privatizzazione dell’acqua hanno
portato nel mondo a nuove forme di gestione dei servizi, attraverso la
costruzione di  forme di democrazia
partecipata che nascono da assemblee di cittadini, movimenti, comitati che
entrano  a far parte dei poteri
decisionali nella gestione pubblica.

 

Ne sono alcuni esempi:

 

Porto Alegre in Brasile dove il servizio idrico è gestito
da una azienda pubblica che reinveste nell’acqua gli avanzi di gestione. Ma
l’attività aziendale è controllata da due strumenti della partecipazione, il
primo è il Consiglio Deliberativo, formato da rappresentanti di diverse
organizzazioni della società civile, il secondo è l’istituto del bilancio
partecipativo che si articola con una serie di assemblee, territoriali e
tematiche, in cui i residenti votano le priorità della città, eleggono i rappresentanti
che sono immediatamente revocabili dalle assemblee stesse che intervengono nei
poteri decisionali.

 

Recife: l’acqua veniva gestita da una società pubblica
eccessivamente burocratizzata e inefficiente, alle spinte della
privatizzazione, la città ha scelto una gestione pubblica partecipata sul
modello di Porto Alegre, costituendo il Consiglio Municipale dell’Acqua e
depurazione composto per il 25% da rappresentanti del comune, 25% da lavoratori
e per il 50% da rappresentanti della società civile.

Questa assemblea controlla tutte le decisioni
dell’azienda.

 

Così come a Cochabamba (Bolivia) dopo una durissima
lotta  popolare il governo è stato
costretto ad annullare la privatizzazione e a riconsegnare la gestione alla
precedente società delle acque ma nel suo consiglio direttivo entrano a far
parte i delegati della “Coordinadora de defesa dell’acqua e dela vida” che
aveva organizzato la lotta contro la privatizzazione, costituita da contadini,
gruppi ambientalisti, professionisti, operai, sindacati di lavoratori,
sottoproletariato e artigiani.

 

Un esempio di partecipazione locale è  il protocollo  d’intesa del 1993 tra il comitato difesa Rio Fergia e i Comuni di
Gualdo T. e Nocera U., la Regione dell’Umbria e il Prefetto di Perugia, che è
stato completamente ignorato dalla Regione dell’Umbria.

 

A conclusione riassumiamo le nostre proposte nei seguenti
punti:

 

– La dichiarazione da parte dello Stato, la Regione, le
Province e i Comuni che l’acqua è un servizio e un bene di rilevanza non
economica;

– l’Applicazione negli ATO della proposta di legge
d’iniziativa popolare presentata in Parlamento a luglio 2007 con 406.000 firme
di cittadini, di cui 5300 umbri;

– Ripubblicizzazione della gestione del SII revocando  gli affidamenti ai privati;

– Piani d’Ambito basati su Bilanci idrici  dove siano presenti sia  le risorse destinate al SII sia le sorgenti
destinate allo sfruttamento industriale (acque minerali);

 – la gestione del
SII interamente pubblica attraverso aziende speciali;

– Togliere ai privati 
il commercio delle acque minerali attraverso  la Ripubblicizzazione delle concessioni allo sfruttamento
industriale delle sorgenti per pianificare la vera conservazione della risorsa
per le generazioni future;

– venga riconosciuto ai cittadini e ai  lavoratori, organizzati in  comitati, associazioni, sindacati, etc la
partecipazione, con  potere decisionale  nelle 
assemblee (Assemblee d’ambito, Comuni,…) degli organi istituzionali che
hanno il compito di organizzare la gestione della risorsa e del servizio;

-revocare tutte le concessioni della Regione Umbria alla IDREA/ROCCHETTA
per lo sfruttamento industriale delle acque minerali, quelle nuove e quelle
vecchie;

– l’applicazione 
del protocollo d’intesa del 1993 tra il Comitato Tutela Rio Fergia, la
Regione dell’Umbria e i Comuni di Nocera Umbra e Gualdo Tadino

 

 

 

 

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