I L N E R A

I L N E R A
STORIA E PERCORSO DI UN FIUME AL SERVIZIO DEL CAPITALISMO

 

Il Nera nasce a quota 860 m. nei pressi di Vallinfante, una frazione del comune di Castel Sant’Angelo, in provincia di Macerata. La zona è quella posta nel versante ovest dei Monti Sibillini: una catena montuosa che per circa 30 Km. forma un tratto dello spartiacque appenninico fra il Mar Tirreno e il Mar Adriatico.
Il ramo principale del fiume che sgorga dalle falde del Monte Patino, dopo un breve percorso, viene impinguato da altre acque che scendono parte da Monte San Lorenzo e parte da Vallinfante: i tre bracci si riunificano poco prima di Castel Sant’Angelo dove il Nera comincia ad assumere le sembianze di quello che diventerà l’affluente più importante del Tevere.
Dopo Castel Sant’Angelo il Nera, cresciuto a vista d’occhio per le numerose infiltrazioni subalvee, si avvia verso Visso dove c’è la confluenza in sponda destra con il fiume Ussita. Appena fuori Visso il Nera subisce la prima dele grandi derivazioni artificiali che alimentano le numerose centrali idroelettriche presenti lungo il suo percorso. Lo sbarramento è costituito da una diga in muratura da cui si diparte in sponda sinistra un canale derivatore che, dopo un percorso di 9 Km., tutto in galeria, fornisce l’energia idraulica ai gruppi generatori della centrale di Preci, costruita nel 1928, distrutta dai nazifascisti nel 1944 e ripristinata nel 1946. Dopo la derivazione di Visso, ridotto notevolmente di portata, il Nera scorre incassato fra le Gole della Valnerina, le cui caratteristiche di permeabilità favoriscono il formarsi di un’abbondante rete idrografica sotterranea, che dà luogo ala formazione di numerose sorgenti.
A Ponte di Chiusita siamo già in Umbria, dove è situata la centrale di Preci e, subito a valle di essa, il Nera è di nuovo sbarrato. Dal relativo invaso, in sponda sinistra, si diparte un canale che serve la Centrale di Triponzo, costruita nel 1957. Lo scarico della centrale viene convogliato, insieme alle acqua del fiume Vigi, nel Canale di derivazione del Medio Nera: un percorso di oltre 40 Km. (entrato in funzione nel 1931 e quasi tutto in galleria, tranne svariati tratti visibili su alti viadotti, come in Val Casana-Scheggino e lungo la provinciale Arrone-Polino) che sfocia nel Lago di Piediluco, da cui le acque derivate andranno ad alimentare la Centrale di Galleto-Monte Sant’Angelo (nei pressi di Papigno). L’acqua residua del corso naturale del Nera attraversa Borgo Cerreto prima, Piedipaterno dopo e Scheggino poi, indirizzandosi verso Ferentillo (ed entrando così nella provincia di Terni), dove si apre una consistente pianura che prosegue verso Arrone,Casteldilago,Torreorsina, Collestatte Piano e, quindi, il fondo della Cascata delle Marmore (ovvero, il fiume Velino che si getta nel sottostante Nera). [***** Vedi APPENDICE]
Un centinaio di metri prima di quest’ultima e in sponda destra, il Nera viene di nuovo ricaptato con il canale artificiale di Pennarossa (del 1909 e quasi tutto in galleria), che alimentava la vecchia e dismessa centrale di Papigno; e proprio nei pressi di Papigno, c’è l’impianto idroelettrico di Galleto, uno dei più potenti d’Europa e costruito sul finire degli anni ’20; le sue acque di scarico, attraverso un canale lungo 1380 m., alimentano poi la Centrale di Mont’Argento (in caverna e costruita nel 1950) in località Campomicciolo. Il corso naturale (sic!) del Nera prosegue verso Terni, ma già a Cervara, con l’omonimo canale (che serviva l’omonima centrale disattivata nel 1950), la sua acqua viene deviata per servire gli impianti della vecchia Fabbrica d’Armi, voluta fin dal 1870 dal (poco) Onorevole Stefano Breda, che trovò negli amministratori ternani dell’epoca i più validi sostenitori al suo progetto; a tal fine, nel 1873, si dette mano ai lavori di scavo durati 5 anni che porteranno alla fornitura di energia idraulica per: la Fabbrica d’Armi, lo Iutificio Centurini, la Società Industriale Valnerina, il Lanificio Gruber, la Società Altiforni e Fonderie (le famigerate Acciaierie di Terni, come venivano chiamate ieri per arrivare alla altrettanto famigerata odierna ThyssenKrupp, ultrasostenuta oggigiorno dai “moderni” amministratori ternani, ndr.).
Ritornando alla Centrale di Mont’Argento, il suo scarico – attraverso un altro canale tutto in galleria di 1829 m. – confluisce nelle acque “naturali” del Nera proprio al centro della città, nei pressi di ponte Garibaldi; di qui il fiume prosegue verso la periferica c.d. “zona industriale di Maratta” (dove, grazie ai numerosi insediamenti produttivi di ogni genere, compreso il famigerato inceneritore di Terni, si ingrassa dell’apporto dei relativi scarichi tossici e nocivi, ndr.), oltrepassata la quale incontra l’ennesimo sbarramento (stavolta mobile) in località S. Maria Magale che, con un canale al 95% a pelo libero, lungo quasi 8 Km. e denominato Recentino, devia ancora una volta le acque del Nera verso l’ invaso artificiale del Laghetto dell’Aia; da qui, attraverso una galleria forzata lunga 2.585 m., l’acqua viene convogliata prima, verso la Centrale del Recentino (posta in caverna sotto il Monte Maggiore su cui sorge Narni) e poi, dopo questa (attraverso un successivo canale lungo 3 Km.), verso la Centrale di Nera Montoro. Quest’ultima, inoltre, riceve altra acqua attraverso un ulteriore canale di derivazione in corrispondenza dell’ennesimo sbarramento posto sulle acque “naturali” del Nera in località Stifone.
Siamo quasi alla fine del martoriato viaggio del fiume, ma gli sbarramenti e le derivazioni non sono ancora finiti; infatti, giunto all’altezza di San Liberato, il Nera si trova davanti una diga in terra battuta, che crea un invaso di circa 6 milioni di metri cubi. Da questa, si dirama l’ennesimo canale (tutto a pelo libero e lungo 1430 m.) che serve l’ultima delle centrali poste lungo il suo percorso: quella dell’ ACEA.
E poi, finalmente, il fiume Nera, dopo un percorso di 116 Km., entra nel Lazio e poco prima della stazione ferroviaria di Orte confluisce nel Tevere.
Edoardo Palombi
COBAS ENERGIA
16-17-18 Maggio 2008
Ferentillo (TR)
Forum Acqua-Rifiuti-Energia
*****APPENDICE
LA CASCATA DELLE MARMORE
Le origine, la storia e le utilizzazioni energetiche
E’ accertato scientificamente che fu lo stesso fiume Velino a formare il ciglione delle Marmore. Infatti le acque di questo fiume, che nasce a Cittareale alle falde del Monte Pizzuto arricchite di carbonato di calcio dalle sorgenti minerali di Antrodoco e Città Ducale, avevano in tempi remoti un grande potere incrostante.
Tale processo, sviluppatosi con tempi geologici, ha dato forma al ciglione, il quale, man mano che cresceva, impediva il libero decorso del Velino, impaludando così la pianura reatina. Per tale motivo, nel 271 a.C., il console romano Manio Curio dentato aprì un canale, detto cavo curiano che, bonificando le terre sommerse, creò l’attuale Cascata delle Marmore. Da alora la storia della Cascata si intreccia con la storia di secolari lotte tra reatini e ternani: i primi impegnati ad allargare il caco curiano progressivamente richiuso dalle incrostazioni del Velino, i secondi impegnati ad impedirlo temendo l’estensione delle periodiche inondazioni della conca terzana.
Le ripetute controversie trovarono un momento di pacificazione nel 1787 quando, sotto il papato di Clemente VIII, fu costruito, a 400 metri dal salto, un ponte chiamato regolatore perché non doveva far passare piene superiori ai 200 mcubi al secondo. Successivamente, si ebbero dispute tra i ternani e i paesi della Valnerina – Collestatte, Casteldilago, Arrone, Ferentilo – che sempre più spesso dovevano subire le alluvioni del Nera. Questo, infatti, quando il Velino era in piena, trovava estrema difficoltà a defluire verso Terni. Si scoprì così che ilVelino, immettendosi nel Nera a perpendicolo, costituiva una sorta di diga naturale al libero decorso delle acque. Nel 1794 il Pontefice Pio VI incaricò alcuni architetti di risolvere il problema; fu così realizzato il taglio diagonale dell’ultima cateratta del Velino, che da allora si gettò nel Nera non più ad angolo retto, fatto questo che consentì il regolare corso dei due fiumi verso Terni.
Fin dal 1868 l’ingegnere ternano Ottavio Coletti pose il problema di sfruttare l’enorme energia ce si sprigionava alla “caduta” delle Marmore. Fu con l’installazione della grande acciaieria nel 1884-1885 che, per dare moto ai magli e alle presse della fabbrica, fu costruito un acquedotto, capace di una portata di 5 mcubi al secondo, che partiva dal laghetto di decantazione delle Marmore e che dopo 6.600 metri arrivava all’interno degli impianti siderurgici di Terni. Per quanto riguarda lo sfruttamento ai fini della produzione di energia elettrica, esso iniziò verso la fine dell’800, quando sorsero intorno alla cascata diverse centrali idroelettriche:
quelle dei Comuni di Terni, Rieti e Spoleto, che fornirono – tra l’altro – l’illuminazione pubblica alle vie delle tre città;
quelle delle Marmore della Soc. Terni, quelle di Collestatte e di Papigno della Società del Carburo di Calcio.
Ai piedi della cascata delle Marmore, subito dopo il taglio diagonale, si incontra il ponte naturale in travertino che, apparentemente molto stretto, ha la caratteristica di riuscire a far defluire le acque regolarmente, anche nelle occasioni di portate e piene eccezionali.

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