Le origine, la storia e le utilizzazioni energetiche
E’ accertato scientificamente che fu lo stesso fiume Velino a formare il ciglione delle Marmore. Infatti le acque di questo fiume, che nasce a Cittareale alle falde del Monte Pizzuto arricchite di carbonato di calcio dalle sorgenti minerali di Antrodoco e Città Ducale, avevano in tempi remoti un grande potere incrostante.
Tale processo, sviluppatosi con tempi geologici, ha dato forma al ciglione, il quale, man mano che cresceva, impediva il libero decorso del Velino, impaludando così la pianura reatina. Per tale motivo, nel 271 a.C., il console romano Manio Curio dentato aprì un canale, detto cavo curiano che, bonificando le terre sommerse, creò l’attuale Cascata delle Marmore. Da allora la storia della Cascata si intreccia con la storia di secolari lotte tra reatini e ternani: i primi impegnati ad allargare il caco curiano progressivamente richiuso dalle incrostazioni del Velino, i secondi impegnati ad impedirlo temendo l’estensione delle periodiche inondazioni della conca terzana.
Le ripetute controversie trovarono un momento di pacificazione nel 1787 quando, sotto il papato di Clemente VIII, fu costruito, a 400 metri dal salto, un ponte chiamato regolatore perché non doveva far passare piene superiori ai 200 mcubi al secondo. Successivamente, si ebbero dispute tra i ternani e i paesi della Valnerina – Collestatte, Casteldilago, Arrone, Ferentilo – che sempre più spesso dovevano subire le alluvioni del Nera. Questo, infatti, quando il Velino era in piena, trovava estrema difficoltà a defluire verso Terni. Si scoprì così che ilVelino, immettendosi nel Nera a perpendicolo, costituiva una sorta di diga naturale al libero decorso delle acque. Nel 1794 il Pontefice Pio VI incaricò alcuni architetti di risolvere il problema; fu così realizzato il taglio diagonale dell’ultima cateratta del Velino, che da allora si gettò nel Nera non più ad angolo retto, fatto questo che consentì il regolare corso dei due fiumi verso Terni.
Fin dal 1868 l’ingegnere ternano Ottavio Coletti pose il problema di sfruttare l’enorme energia ce si sprigionava alla “caduta” delle Marmore. Fu con l’installazione della grande acciaieria nel 1884-1885 che, per dare moto ai magli e alle presse della fabbrica, fu costruito un acquedotto, capace di una portata di 5 mcubi al secondo, che partiva dal laghetto di decantazione delle Marmore e che dopo 6.600 metri arrivava all’interno degli impianti siderurgici di Terni. Per quanto riguarda lo sfruttamento ai fini della produzione di energia elettrica, esso iniziò verso la fine dell’800, quando sorsero intorno alla cascata diverse centrali idroelettriche:
quelle dei Comuni di Terni, Rieti e Spoleto, che fornirono – tra l’altro – l’illuminazione pubblica alle vie delle tre città;
quelle delle Marmore della Soc. Terni, quelle di Collestatte e di Papigno della Società del Carburo di Calcio.
Ai piedi della cascata delle Marmore, subito dopo il taglio diagonale, si incontra il ponte naturale in travertino che, apparentemente molto stretto, ha la caratteristica di riuscire a far defluire le acque regolarmente, anche nelle occasioni di portate e piene eccezionali.
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